I dati Sprout Social Index 2017 non lasciano dubbi: i brand che fanno i simpatici sui social attirano potenziali consumatori, ma non incrementano le vendite: è la fine che il marketing non convenzionale merita per aver tradito la fiducia degli utenti facendo loro credere di non fare pubblicità.
I brand che fanno i simpatici sui social non vendono, lo dicono i dati Sprout Social Index 2017: Condividi il Tweet
Non è bello cominciare un articolo con la frase “L’avevo detto”.
Ma è la nuda e cruda verità: l’avevo detto davvero.
Già all’inizio di quest’anno invocavo una nuova fase per la comunicazione sui social.
Chiamata, a mio avviso, a una vera e propria rinnovazione.
Basta con i mantra del marketing ripetuti allo sfinimento.
Stop alla massa di like sugli account e alle community intasate.
E’ ora che la qualità torni a regnare sulla quantità.
Lo scriveva anche Nicolas Cole, autore e giornalista di Inc Magazine:
“Spendere di più in advertising o in influence marketing non significa necessariamente un ritorno in termini di risultati” (Nicolas Cole)
A distanza di pochi mesi i numeri ci danno ora ragione.
IL MARKETING NON CONVENZIONALE E’ MORTO
Da sempre mi batto perché la comunicazione non sia inquinata dal marketing.
Perché comunicare, per me, implica onestà e sincerità.
Concetti che, accostati al marketing, diventano degli ossimori.
La mia non è una invettiva contro qualcuno, ma contro qualcosa.
Contro un concetto di comunicazione improduttivo e pericoloso.
I dati Sprout Social Index 2017 sono piuttosto chiari.
Essere cool e divertenti sui social media non sempre è un vantaggio per i brand.
L’articolo, ripreso anche da Sara Moraca su Wired, non lascia dubbi.
Lo Sprout Social Index è un rapporto compilato e rilasciato da Sprout Social. Tutti i dati riferiti si basano su 289.000 profili sociali pubblici (139.000 Facebook, 115.000 Twitter, 35.000 Instagram) di account continuamente attivi tra il primo trimestre 2016 e il primo trimestre 2017. Più di 3,9 miliardi di messaggi inviati e ricevuti in tale periodo sono stati analizzati ai fini del suddetto rapporto.
I consumatori acquistano per l’86% dai brand che sono onesti.
E’ il dato che decreta la fine del marketing non convenzionale.
Al consumatore non importa essere diventato prosumer.
Non gli importa dell’intrattenimento che un brand fa includendo il prodotto.
Ha fastidio come quando la pubblicità generalista gli interrompeva la visione del suo film o programma preferito.
A seguire troviamo tra i preferiti i brand amichevoli (83%) e utili (78%).
Quest’ultimo dato è importante e non va affatto sottovalutato.
Significa che i brand devono usare i social sempre più come customer care.
EVITARE LA POLITICA, MEGLIO L’ASSISTENZA
I brand non devono commentare manifestazioni politiche.
Lo ha affermato il 71% dei consumatori intervistati.
Ritenendo di annoiarsi quando un brand parla di politica.
Probabilmente è anche conseguenza delle elezioni americane.
Sopportare due anni di campagna elettorale è pesante.
Ci sono poi quasi 7 consumatori su 10 non amano lo slang da brand.
Trovando noiosi quei giochi di parole e quelle battute che includono il marchio.
Ma allora cosa preferiscono i consumatori sui social?
Quando un brand mostra loro dei video (83%).
E – a pari merito – quando risponde alle loro domande.
ORA BASTA, SMETTO DI SEGUIRTI
La lezione non ti è bastata?
Continui a fare irritare il tuo consumatore sui social?
Preparati a reazioni poco simpatiche.
La prima su tutte: defollowarti.
Un problema non da niente se oltre il 50% del tuo pubblico è pronto a farlo.
Il consumatore si sente vessato e preso in giro.
E reagisce di conseguenza, troncando ogni relazione.
Fare i simpatici sui social non è garanzia di raggiungimento degli obiettivi.
Tramontano i concetti di marketing non convenzionale, di prosumer, di influence.
Si torna all’essenza di comunicazione, customer care e storytelling.