Quando è opportuno iniziare una campagna elettorale? Quali tecniche di comunicazione politica è meglio usare? Come affrontare i possibili crisis? Domande che un ufficio stampa si pone nell’assistere una figura politica o una istituzione. E a cui ho chiesto di rispondere al collega Matteo Marini, giornalista e fondatore di Res Politics, team di professionisti della comunicazione politica integrata specializzato nella gestione di campagne elettorali
La fine delle elezioni amministrative è utile per tirare le somme.
Molte testate, locali e nazionali, lo stanno facendo.
Analizzando vincitori e vinti, chi ha operato bene e chi no.
Per quanto concerne la comunicazione, il discorso è più ampio.
Non è semplice spiegare le tecniche di comunicazione politica.
Ho fatto allora una chiacchierata con il collega Matteo Marini.
Giornalista e tra i fondatori di Res Politics a Roma.
Chiedendogli di rispondere ad alcuni quesiti.
Gli stessi che si pone un ufficio stampa di comunicazione politica.
ERRORE GRAVE: COMUNICARE SOLO IN CAMPAGNA ELETTORALE
Inutile girarci intorno: nella politica di oggi è fondamentale.
Chi si dota sempre di una figura nella comunicazione trae vantaggi.
Ma perché non ci si può permettere di pronunciarsi solo in campagna elettorale?
#comunicazione #politica, 5 utili consigli di @marinimat: Condividi il Tweet
“Perché oggi siamo in una vera e propria campagna elettorale permanente.
Penso al dialogo con gli elettori, al lavoro di costruzione del brand politico del candidato.
Alla sua presenza sui social e sui media d’informazione.
Tutte azioni che non possono iniziare a ridosso della consultazione elettorale.
Né tantomeno esaurirsi il giorno del voto”.
Matteo sottolinea come il filo di collegamento con i cittadini vada tessuto sempre.
E con la giusta calma debba essere curato e rinforzato.
Questo per evitare che si spezzi.
Ma allora quali sono le tempistiche corrette?
“Otto/dieci mesi prima è ideale per iniziare una campagna elettorale.
E il conseguente lavoro di comunicazione politica.
Con il giusto anticipo si potrà impostare al meglio la strategia.
Sarà a medio-lungo termine, per stabilirsi in una situazione favorevole.
Un progetto dove il candidato giunga al voto al meglio delle sue possibilità.
E che gli consentirà di proseguire in scioltezza anche una volta chiusi i giochi”.
TECNICHE DI COMUNICAZIONE POLITICA UTILI
Ma cosa può e deve fare un bravo comunicatore nell’assistere la figura politica?
“Il comunicatore politico è una sorta di ‘camaleonte psicologo’.
In primis, deve capire la persona che ha di fronte.
I punti di forza, le debolezze, le caratteristiche della personalità.
E poi capire come ottenere la sua attenzione.
Farsi ascoltare è fondamentale e aiuterà nell’adattamento al carattere del politico”.
Dunque prima di impostare una tattica è utile privilegiare la psicologia.
Questo faciliterà l’analisi di tutte le scelte e le decisioni da prendere.
Consentendo di raggiungere gli obiettivi indicati dalla strategia della campagna.
ELEZIONI 2018: COME CAMBIA LA COMUNICAZIONE
Presto i cittadini torneranno alle urne.
Plausibilmente in primavera 2018.
Ma Matteo rileva una grande confusione nell’elettorato.
Che non fa bene né ai comunicatori né alla politica.
“Oggi le tecniche di comunicazione politica non sono incentrate sulle ideologie.
Ma sulle persone e le proposte di governo dei territori.
La politica post-ideologica del M5S ha rappresentato uno spartiacque.
Partorendo una comunicazione imperniata sullo storytelling.
Sul raccontare storie per persuadere l’elettorato.
Ma attenzione: con le amministrative appena trascorse è accaduto qualcosa.
Il paese ha cancellato i grillini dai ballottaggi.
L’Italia si sta spostando vertiginosamente verso destra”.
TRUMP E I “COVFEFE” DI COMUNICAZIONE
Ebbene sì, ormai è l’esempio tipico del politico “difficile” da gestire.
Nella campagna per le presidenziali Donald Trump ha sparato a zero.
Le sue proposte “al limite” hanno così ottenuto attenzione da cittadini e media.
Ha vinto con la regola del “basta che se ne parli”.
Quando però ha avuto la responsabilità di governare…
Invece di cambiare approccio ha continuato con la stessa strategia.
“In campagna elettorale Trump è stato fenomenale.
Con le sue tecniche di comunicazione politica è riuscito a passare per l’anti-establishment.
Ora però tradisce tutta l’inadeguatezza e insofferenza verso il dissenso.
Questo malessere lo catalizza e lo direziona verso l’informazione.
L’unico contro-potere di una democrazia che andrebbe considerato con riguardo.
Per un politico in campagna elettorale permanente il rapporto con i media è capillare”.
UNO SGUARDO ALL’ITALIA
Nell’ultima tornata elettorale Matteo è stato impegnato.
Era campaign manager in una città medio-piccola della Regione Lazio.
Ma ha comunque osservato quanto accaduto in alcune città.
“Mi è piaciuta molto la campagna di Federico Pizzarotti a Parma.
La scelta dei colori, lo slogan “Una città in cammino”.
Per un incumbent (amministratore uscente, n.d.a.) non è mai facile.
Pizzarotti ha capito che impostare una linea comunicativa celava insidie.
Ma ha retto bene la corsa riuscendo a vincere.
Matteo Marini, giornalista pubblicista e consulente in comunicazione politica, è fondatore e direttore del giornale on line Wild Italy. Ha collaborato con varie testate nazionali e locali, tra cui Il Fatto Quotidiano e La Notizia Giornale. Vincitore del Primo Premio Nazionale Emanuela Loi (agente della scorta di Paolo Borsellino, morta in Via d’Amelio) come “giovane non omologato al pensiero unico”. Studioso di Comunicazione Politica, ha lavorato in campagne elettorali, sia in veste di candidato che di consulente. E’ direttore, da ottobre 2016, di Res Politics – Agenzia di Comunicazione Politica Integrata.
Sono rimasto deluso da Simone Petrangeli, sindaco uscente di Rieti.
Ha scelto uno slogan (“La svolta che conta”, n.d.a.) non performante.
Niente riferimenti al suo mandato appena concluso.
Niente sul lavoro portato avanti: peccato davvero”.