A Favignana c’è un ragazzo che ascolta la voce del mare: incontro con Paolo Balistreri, biologo marino e divulgatore scientifico. Alla ricerca delle origini della specie umana che oggi, purtroppo, rifiuta di ascoltare quel mare che l’ha generata, conducendo con esso un rapporto contraddittorio e spesso ingrato.
La voce del mare lui la sente davvero, con il mare il legame è inscindibile.
Per Paolo Balistreri è una vera e propria ragione di vita.
Rigetta l’idea che nel suo futuro non possa esserci il mare.
Si batte per difenderlo e non è difficile intuire che lo farà per l’intera esistenza.
Biologo, ecologo marino, divulgatore scientifico.
E interprete di quel mare che oggi l’uomo non sa più ascoltare.
Paolo vive da sempre a Favignana, la bella farfalla adagiata sul mare delle Egadi.
Lo incontro proprio lì, ai “Calamoni”, per sapere come comunica il mare.
Perché – come dice un amico – “Comunicare è saper raccontare”.
LA VOCE DEL MARE: UN APPELLO ACCORATO
Può sembrare riduttivo ai più, ma il mare parla.
Comunica. Ha una sua voce.
E la voce del mare, oggi, non è più quella di un tempo.
Ha mutato timbro, linguaggio e tonalità.
E la causa principale di questi mutamenti è da attribuirsi all’uomo.
D: Paolo se tu dovessi definirlo, per te cosa è il mare?
R: Il mare è tutto, è vita. Per me è la vita. È l’origine di tutto.
E mi dispiace vedere persone che, paradossalmente, dicono di amare il mare e poi lo sporcano.
Lo vedo qui a Favignana con alcuni turisti.
Sporcano la caletta e poi, l’anno dopo, quando tornano, dicono “questa spiaggia è sporca”.
Dimenticandosi che a sporcarla sono stati proprio loro.
Chi butta rifiuti a mare a Trapani sporca anche a Favignana e viceversa.
Perché mare e terra sono collegati.
Ma l’uomo è un eterno paradosso e non si rende conto.
Così stiamo correndo verso l’estinzione, dimenticandoci che le nostre origini sono marine.
E che siamo in un grande ecosistema, la Terra.
Dove il mare va rispettato al di sopra di tutto.
D: Come comunica il mare? E cosa sta tentando di dirci?
R: Il mare sta comunicando con noi mandando diversi segnali.
Come quello dell’immondizia: ci sta rispuntando addosso tutto ciò che noi buttiamo.
O quello delle specie invasive, non native del Mediterraneo.
Specie che stanno proliferando perché portate dall’uomo.
Ma non siamo pronti a ricevere nelle nostre acque queste specie “aliene”.
E allora ecco che possiamo sentire la voce del mare: è un grido d’allarme.
Ci chiede di renderci conto di quanto sta avvenendo.
Se non teniamo sotto controllo questi fenomeni evolutivi potrebbe essere la fine.
Ma come gestire i mutamenti se non conosciamo bene il nostro mare?
Il Mediterraneo ci sta invitando a riflettere proprio su questo.
LA SCINTILLA CHE FA SCATTARE LA PASSIONE
Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua.
Non esiste citazione più indovinata per descrivere Paolo Balistreri.
Lui è innamorato della sua professione.
La biologia non perde mai d’interesse ai suoi occhi.
La voce del mare è cambiata negli anni, ma lui continua a sentirla.
D: Perché hai scelto di diventare un biologo?
R: La passione è il motore di tutto.
E’ ciò che spinge lo studente semplice a diventare un Biologo con la maiuscola.
Alcuni colleghi mi ripetono sempre che è fondamentale non fermarsi nell’apprendimento.
Credo abbiano ragione: la differenza la fa approfondire sempre gli argomenti.
Per andare avanti è necessario collegare i diversi elementi e poi poterli divulgare.
La divulgazione è la base del nostro lavoro.
Non mi reputo ancora un Biologo con la maiuscola, perché ho ancora molto da apprendere.
Ma amo approfondire e spingermi sempre oltre: è qualcosa di innato, più forte di tutto, anche di me.
D: Qual è la scintilla che ha mosso la tua passione?
R: Quando da piccolo sono andato in barca con mio padre: avevo 4-5 anni.
Lui faceva il pescatore e io osservavo i pesci.
Ci sono delle immagini e dei suoni che ho fissato nella mia mente.
Il ronzio del motore della barca, lo sbattere della pinna dei pesci sulla prua…
Tutte cose che possono portare un bambino a riflettere.
A fargli crescere la voglia di vedere le cose nel dettaglio.
Forse oggi queste sensazioni non ci sono più o forse sono solo diverse.
Ma una volta bastava essere osservatori per avere gli input utili a sviluppare la passione.
L’ATTIVITA’ DI DIVULGAZIONE: PERCHE’ CONOSCERE
Per diffondere la voce del mare, la divulgazione è essenziale.
Ma occorre palancare le porte alla conoscenza.
Aiutare gli altri a capire, ma anche a pensare.
Il ruolo del divulgatore è capillare e, oggi, sempre più delicato.
Paolo lo interpreta magnificamente e senza riserve.
D: Di tutto ciò che sconsideratamente si getta nelle acque marine, cosa fa più male al mare?
R: Al mare fa più male il rifiuto che perdura nel tempo.
Come la plastica: si sfibra, diventa microplastica e entra a stretto contatto con noi.
Finisce nella rete trofica, il sistema preda-predatore al cui vertice c’è l’uomo.
Cerco dunque di far comprendere che se gettiamo in mare la plastica i piccoli pesci se ne ciberanno.
E finiremo con il ritrovarcela sul nostro piatto quando andremo a mangiare il nostro grande pesce.
Il cerchio si chiude e noi non ce ne accorgiamo nemmeno.
D: Il compito del divulgatore non è dunque solo diffondere le informazioni, ma anche quello di creare una coscienza negli individui?
R: E’ proprio così: parlare di argomenti, anche complessi, per farli comprendere.
E aiutare le persone ad acquisire maggiore coscienza.
Come i rapporti tra organismi che, apparentemente, non si appartengono l’uno all’altro.
Ma che si ricollegano in un cammino parallelo che è il ciclo della vita.
Sono accomunati dai loro modi di vivere.
Quello che fa il piccolo pesce si ripercuote indirettamente su ciò che fa il grande predatore.
Ma per raggiungere il pubblico dei non addetti ai lavori le argomentazioni devono essere quelle basilari.
Tematiche importanti come quella dei rifiuti in mare.
I rifiuti li produciamo noi, gettandoli in mare anche in maniera indiretta.
Da questo partono le mie argomentazioni sulla biodiversità, l’ecosistema e l’ambiente.
Paolo Balistreri, voce del mare. Il racconto delle meravigliose acque di Favignana: Condividi il TweetCHI PROVA A FAR ASCOLTARE LA VOCE DEL MARE
Nel nostro paese la tutela del mare è una tematica importante.
A partire dal Ministero dell’Ambiente, fautore di importanti norme.
Una su tutte: la Direttiva “Habitat” (1992) per la conservazione della biodiversità.
Poi le numerose associazioni ambientaliste e gli enti come le Aree Marine Protette.
D: Le attuali leggi sulla pesca rispecchiano l’effettiva situazione oppure andrebbero in parte riviste?
R: Le leggi della Comunità Europea non sempre sono promulgate sulla base di un rapporto tra chi legifera e chi vive direttamente il mare.
A volte credo che si legiferi senza calarsi nella realtà dei pescatori.
Li vedono come “faccendieri”.
Ma il lavoro del pescatore è invece complicato, andrebbe difeso.
I pescatori delle Egadi sono profondi conoscitori del mare delle Egadi.
Si danno tanto da fare e rispettano fortemente il loro mare.
Così come le diverse enti e associazioni: Legambiente, WWF, le Aree marine protette.
Ognuna con differenti modi di operare, ma sempre nell’interesse del mare.
Purtroppo però il depauperamento della costa è ancora forte.
Chi ha introito, chi muove interessi vince ancora perché più forte.
Così, il mediterraneo non sempre è tutelato.
Ma il mare ci appartiene, non è sconnesso dal nostro essere, dal nostro modo di vivere.
IL FUTURO: LA POSIDONIA, IL MARE, LA VITA
Una volta per tutte: non è un’alga.
E non va assolutamente rimossa.
La posidonia è fondamentale per lo sviluppo dell’habitat marino.
Ma non solo: è una barriera difensiva contro il moto ondoso.
Eppure sembra che non tutti lo abbiano capito.
D: Quanto è importante la posidonia?
R: La posidonia è importantissima.
Su molti social media ci si batte per far comprendere agli utenti quanto sia vitale.
Genera una sorta di mega-hotel in cui molte specie marine trovano rifugio.
Realizzando queste praterie, inoltre, libera molto ossigeno.
Ma non viene ben vista perché i suoi grossi ammassi spiaggiati non agevolano l’ingresso in acqua dei bagnanti.
Eppure, anche in questo caso, quando è “morta”, è fondamentale.
Smorza infatti la potenza d’urto del moto ondoso.
Impedisce il fenomeno dell’erosione costiera.
Per chiudere il suo cerchio vitale, infine, si frantuma riportando in acqua una notevole quantità di carbonio.
E il carbonio è vita.
Ma ad alcuni bagnanti non piace, a causa dell’odore che può assumere.
Così può accadere che chi ha una attività dove vi è una spiaggia con la posidonia ne chieda la rimozione.
Paolo Balistreri, biologo e ecologo marino, ha 33 anni ed è di Favignana. Lavora e collabora con ARPA Sicilia, Area Marina Protetta delle Isole Egadi, Sea Watchers Alghe Italia – Piante Aliene e diverse associazioni e cooperative.
D: Se un giorno i tuoi figli vorranno seguire le tue orme che cosa dirai loro?
R: (sorride) Mah… magari penserò che sono dei visionari, come me.
Ma li lascerò fare, non li ostacolerò.
Purché siano coscienti di ciò cui vanno incontro.