Leggono, ma roba inutile; guardano, ma non osservano; capiscono, ma molto superficialmente: gli analfabeti cancellano il pensiero in favore delle emozioni.
Con la duplice scomparsa di Bauman e De Mauro si è probabilmente estinta anche l’ultima figura di intellettuale istruito e dalla forte capacità analitica, capace di comunicare in modo efficace con il mondo perché abile a comprendere perfettamente lo status della realtà che lo circondava grazie alla propria cultura forgiata sugli studi teorici e sulla vita pratica: lo scrive Mimmo Candito nel suo articolo per La Stampa pubblicato ieri.
#analfabetismo funzionale: la malattia mediterranea che si ripercuote sulla #Comunicazione - Condividi il Tweet
Dunque, non siamo analfabeti in senso materiale, ma funzionale: leggiamo, sì… ma non quei testi che potrebbero aiutarci ad aprire la mente e ampliare le nostre vedute, bensì una serie di roba inutile che lascia il tempo che trova. Guardiamo tutto ciò che ci circonda, ma senza osservare acutamente, fermandoci solo alla superficie delle cose (e delle persone). Siamo in grado di comprendere, certo; ma a sprazzi, senza la necessaria capacità logico-razionale in grado di farci cogliere la realtà nella sua piena complessità.
L’aver accettato passivamente di cancellare il pensiero in favore delle emozioni – che è la principale peculiarità del marketing e dei social quando vengono usati come strumenti per vendere – ci ha portati a quello che appare un punto di non ritorno: stiamo regredendo a ranghi quasi primordiali. E non siamo in pochi: quasi l’ 80% della popolazione, secondo l’Istat. Un dato che fa raggelare il sangue, specie se abbinato ad un altro numero: quel 18,6% di italiani che durante lo scorso anno non ha mai né letto un libro né sfogliato un giornale, non ha visto un film al cinema o uno spettacolo al teatro, non è mai andato a un concerto, né allo stadio e nemmeno a ballare.
E’ innegabile che ad influire sono anche le precarie condizioni economiche di molte persone che un cinema o un teatro non se lo possono permettere. E che andare allo stadio, oggi, sia più un rischio che uno svago (non c’è nulla di culturale nel perseguire o nel dover sfuggire alla guerriglia ogni domenica, solo perché un branco di esaltati approfitta per sfogare la propria rabbia e frustrazione). Ma, come dice Vittorio Sgarbi, “L’ignoranza è una colpa” e considerando la fruibilità dei materiali sul web – libri, articoli di riviste specializzate, film e concerti live – e che siamo tra i primi in Europa a non farci mancare uno smartphone con relativa connessione dati, allora questi numeri fanno davvero riflettere e lasciano un senso di forte amarezza.