Il 14° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, dal titolo “I media e il nuovo immaginario collettivo” presentato a Roma. I numeri sono agghiaccianti: l’Italia che emerge è un paese con valori al rovescio, dove le fake-news trovano terreno fertile e gli adulti sono eterni ragazzi.
Quando ci mettiamo in posa per un selfie sorridiamo.
Ma stavolta fare “cheese” è davvero difficile.
La foto emersa dal 14° Rapporto Censis-Ucsi è agghiacciante.
Il titolo del dossier è “I media e il nuovo immaginario collettivo”.
Riporta i dati sulla percezione e l’uso dei media in Italia.
Tra i primi a diffonderli ci sono Corriere e Repubblica.
#comunicazione, Censis diffonde rapporto. Numeri agghiaccianti: Condividi il TweetSi parla di un’Italia scissa sotto il profilo generazionale.
Priva di tessuto sociale, in cui i genitori si comportano come e peggio dei figli.
Dove si crede alle fake-news e la politica non interessa più nessuno.
Un paese che vive malamente il passaggio dal vecchio al nuovo.
Dall’era dell’informazione cartacea a quella dei media digitali.
Che fa fatica ad adeguarsi e non comprende il contesto.
E che – come si è soliti fare da noi – tiene il piede in due scarpe.
Affidandosi a “mamma” TV, dove approdano i grandi giornalisti.
RAPPORTO CENSIS-UCSI: NUMERI AGGHIACCIANTI
Come avviene per ogni indagine o dossier, occorre fermarsi a pensare.
Lo impongono i numeri del Rapporto Censis-Ucsi.
Lo impongono soprattutto il buonsenso e l’umiltà.
Sovvertiti i fattori centrali della società per i giovani tra i 14 e i 29 anni.
Il selfie, citato per il 21,6%, o la cura del corpo (23,1%) bisogni quasi primari.
Più di un buon titolo di studio, che importa solo per il 14,9%.
Ora, che i Millennials non abbiano radici e siano flessibili può solo essere un vantaggio.
Ma c’è anche un rovescio della medaglia di cui tenere conto.
Questa facilità e velocità di cambiamento non può applicarsi in ogni contesto.
Soprattutto quello dei rapporti interpersonali.
L’IMPLOSIONE INVISIBILE NELL’ERA BIOMEDIATICA
Che cosa sia l’era biomediatica lo spiega Massimiliano Valerii al Corriere:
“Questa è una nazione in transizione, frammentata, senza un’agenda sociale condivisa da una maggioranza, polverizzata da smartphone, social network e web, utilizzati sempre più per esprimere i propri interessi”.
Il direttore generale del Censis è chiaro: la comunicazione, da verticale, è oggi orizzontale.
Più della metà degli utenti campionati ammette di aver creduto alle fake-news.
E non bastano le smentite degli organi di stampa ad aprire gli occhi agli utenti.
Per un Millennial cresciuto coltivando il mito di internet, ciò che dice la rete è Vangelo.
Proprio qui sta la mancanza di una agenda sociale degli individui.
Tutti, ma soprattutto i più giovani, si lasciano dettare la propria da chiunque.
Basta che sia sul web e pontifichi a migliaia, milioni di utenti.
E sarà degno di credibilità, a prescindere da ciò che dice.
Il fatto è ormai meno importante dell’opinione: io la chiamo l’implosione invisibile.
QUEGLI ADULTI ETERNI RAGAZZINI
Cosa importa che Internet cresca (75,2%) se poi aumenta anche il divario digitale?
E gli over 65 si allontanano sempre di più dai Millennials?
Così come i genitori stessi, che giocano a fare gli eterni ragazzini.
Nel tentativo di essere il più possibile simili ai loro figli.
E nell’incapacità di non riuscire a rassegnarsi a dover invecchiare.
Li vedi che usano gli strumenti della tecnologia per comunicare.
Ma non lo sanno fare e incorrono in sbagli madornali, per cui i figli perdono fiducia in loro.
FASE DI COESISTENZA TRANSITORIA (FORSE)
Dal dossier si legge che “la rivoluzione digitale ha compiuto il suo corso e ha dispiegato i suoi effetti”.
Ma Valerii resta ottimista, ritenendo questa fase come transitoria.
E questo “nonostante le distanze tra i consumi mediatici dei giovani e quelli degli anziani siano assai rilevanti”.
Analizzando ciò che importa di più oggi, si nota che le prime 4 posizioni sono equamente divise.
Occupate da due valori tradizionali e due emblemi innovativi.
Per l’immaginario collettivo della società è il posto fisso (38,5%) la cosa più importante.
A seguire troviamo i social network (28,3%).
Poi la casa di proprietà (26,2%) e infine lo smartphone (25,7%).
Mutano i meccanismi della società e con essi anche gusti e aspettative.
Ciò che però preoccupa resta il prepotente individualismo.
Unito ad una forte, fortissima mancanza di cultura.
Per lo sviluppo di una civiltà questo non è mai un buon segno.
Perché non vi sono tecnologia o smartphone che tengano.